OBIETTIVI AZIENDALI E OBIETTIVI DI MERCATO

La definizione degli obiettivi è necessariamente prioritaria alla definizione delle politiche e delle attività di marketing. Innanzitutto perché l'ambiente mercatistico offre molte opportunità obiettivamente interessanti ma in direzioni diverse e spesso alternative: tra cui bisogna quindi effettuare una scelta. In secondo luogo perché le risorse sono limitate, e questo impone ulteriori necessità di scelta tra le direzioni possibili (e i relativi costi). In terzo luogo perché ci deve essere comunque uno scopo ad ogni attività umana: tanto più se si tratta di un'attività economica. Infine perché questa univocità direzionale è tanto più importante e necessaria trattandosi di un'attività organizzata: dal momento che l'obiettivo comune chiaramente identificato e precisato costituisce un fattore essenziale di univocità e di coordinamento operativo. Possiamo quindi distinguere

obiettivi primari,
obiettivi strumentali,
obiettivi specifici

Un obiettivo primario indica il fine essenziale a cui tende un’attività organizzata (un'azienda, la sua direzione marketing ecc.), e quindi lo scopo per cui essa è stata avviata.
Gli obiettivi specifici sono relativi a un determinato momento di un’attività organizzata, e ne indicano i particolari "traguardi" operativi.
Tra l'obiettivo primario e gli obiettivi specifici stanno gli obiettivi strumentali: che sono obiettivi intermedi al raggiungimento dell'obiettivo primario. Si tratta di obiettivi settoriali, divisionali, locali, funzionali: che si devono combinare e coordinare unicamente tra loro. Se il marketing è uno "strumento aziendale", i suoi obiettivi specifici sono allora subordinati agli obiettivi generali dell'azienda. Ciò in quanto essi sono "strumentali" alla realizzazione degli obiettivi aziendali.

Gli obiettivi di mercato non sono quindi del tutto autonomi, ma sono sostanzialmente eteronomi. Cioè, anche se essi sono determinati dalla funzione (o direzione) a cui è specificamente delegata l’amministrazione (cioè la gestione direzionale) del marketing aziendale, questa funzione aziendale è in ciò superiormente vincolata dagli obiettivi aziendali che deve collaborare a realizzare, dalle politiche generali aziendali con cui deve mantenersi coerente, e dagli obiettivi/politiche/attività delle altre funzioni aziendali con cui deve necessariamente coordinarsi. Questo insieme di vincoli, subordinazioni e coordinamenti può essere raffigurato come in Figura.

L'ottimalità delle azioni di marketing non può quindi essere valutata in assoluto, ma solo relativamente alla loro capacità di collaborare alla realizzazione di obiettivi generali aziendali ottimali.

Varietà di obiettivi soggettivi

Un breve "inventario" di questi obiettivi può essere utile per giustificare sia la varietà che la pluralità di obiettivi aziendali. Gli azionisti premono in genere per la esplicitazione immediata degli utili e quindi per la distribuzione di più alti dividenti. Anche a scapito degli investimenti e quindi dello sviluppo aziendale. L'alta direzione, invece, tende di solito a massimizzare il tasso di sviluppo dell'azienda: minimizzando (forse) gli utili e i dividendi e massimizzando gli investimenti. L'imprenditore "schumpeteriano" tende a obiettivi più ambiziosi e arrischiati. Mentre il management "burocratizzato" tende a obiettivi più tranquilli e quindi a tasso minore di rischio.

Chi dirige un'azienda non ha motivazioni solo "razionali" economiche, anch'egli è un uomo, con una sua specifica psicologia, e come tale aspira al potere, cerca di realizzare le sue aspirazioni creative o comunque costruttive, cerca di superare le sue ansie e le inibizioni personali nell'esercizio del comando, cerca di ottenere prestigio di fronte a se stesso - forse - prima ancora che di fronte agli altri. Un management che punta molto sulla sicurezza e quindi sulla tranquillità gestionale tende a conciliare lo sviluppo aziendale con la produzione di una remunerazione del capitale (e perciò degli azionisti) allineata su quella correntemente reputata soddisfacente. Così facendo, il management si procura anche una certa indipendenza, in quanto si riducono le interferenze degli azionisti. L'indipendenza (in questo caso da interferenze bancarie) si ottiene anche con la minimizzazione del ricorso a finanziamento estemi e con la massimizzazione dell'autofinanziamento. Anche a scapito di un maggiore sviluppo aziendale eventualmente possibile. La ricerca di risultati "soddisfacenti" e non "massimi" è spesso dettata anche dalla ricerca di "quieto vivere" da parte della direzione aziendale; vuoi per ridurre i rischi, vuoi per ridurre la conflittualità interna ed esterna, vuoi per incapacità (o paura) di amministrare la nave aziendale in mari più pericolosi, vuoi per difetto di "immaginazione" innovativo, così che all'obiettivo dello sviluppo si sostituisce quello della sopravvivenza.

Il manager non-proprietario, però, non sempre è portatore di una "cultura" e quindi di "obiettivi" diversi da quelli dell'imprenditore-proprietario. Vuoi perché sovente è cooptato dalla proprietà alla direzione aziendale anche in quanto portatore dei suoi stessi valori, vuoi perché egli stesso aspira ad essere socialmente (e quindi psicologicamente e intellettualmente) integrato nel gruppo sociale dei "proprietari". Un direttore generale di spirito imprenditoriale nel senso schumpeteriano spinge fortemente l'azienda verso lo sviluppo, e in particolare verso la diversificazione delle attività. Vuoi per la sua capacità e volontà di captare le opportunità e gli stimoli estemi ambientali e interni aziendali, vuoi per le sue capacità innovativi, vuoi per il suo più alto livello di aspirazione, vuoi per la maggiore ambizione attiva, realizzativa, e questo in quanto "probabilmente identifica il suo ego con la "sua" impresa. Anziché vedere l'impresa come semplice apparato per soddisfare i bisogni personali, egli considera il successo e la proprietà dell'impresa come un surrogato effettivo dei suoi bisogni". Un imprenditore "illuminato" può mirare a realizzare, attraverso l'azienda di cui è proprietario assoluto, obiettivi anche umanitari, sociali, culturali, politici. Oltre che un ciclo di vita del "prodotto", del settore e dell'azienda, esiste un ciclo di vita umano (cioè fisiologico) e professionale dell'imprenditore e del manager responsabile della conduzione aziendale.

Le potenzialità, le aspirazioni e aspettative, le ambizioni, la volontà, la tensione creativa, la capacità di rischio, l'aggressività, e il gusto/amore per il potere di chi dirige un'azienda mutano col passare degli anni e con la sua evoluzione professionale; e con esse mutano sostanzialmente gli obiettivi individuali e aziendali. Il giovane alto dirigente ha bisogno di affermare la sua originalità direzionale, ed è quindi portato a cambiare politiche, strategie, strutture e procedure; mentre il vecchio alto dirigente spesso è più portato a difendere, col suo prestigio, la persistente validità delle politiche, strategie, strutture e procedure attuali. Anche lo stato di famiglia condiziona gli atteggiamenti e i comportamenti del massimo responsabile aziendale, e quindi i suoi obiettivi e gli obiettivi aziendali. L'assenza di figli, o comunque la mancanza di eredi interessabili alla conduzione dell'azienda, di solito riduce le ambizioni di sviluppo e anticipa lo stadio in cui si "tirano i remi in barca". Mentre la presenza di più "eredi direzionali" (tanto più se potenzialmente conflittuali) può accentuare le tendenze alla diversificazione aziendale e alla divisionalizzazione dell'azienda.

Diversità di obiettivi aziendali

Un'azienda può mirare a massimizzare i guadagni immediati; un'altra può invece mirare a massimizzare i guadagni di lungo periodo. Per poter autofinanziare il proprio sviluppo, in assenza di altre fonti di finanziamento adeguate, un'azienda può porsi come obiettivo (strumentale rispetto a quello primario dello sviluppo) quello di aumentare la produzione di valore aggiunto e in particolare di profitto da reinvestire in azienda. Un altro obiettivo strumentale può essere di aumentare la remunerazione del capitale azionario allo scopo di ottenere finanziamento o la sottoscrizione di nuovo capitale di rischio, ovvero allo scopo di valorizzare le azioni che si intende poi vendere. Nella piccola impresa commerciale o di servizi di carattere familiare, giuridicamente, economicamente e psicologicamente l'azienda e la famiglia tendono a confondersi in un tutt’uno.

Gli obiettivi aziendali sono quindi difficilmente scindibili, in pratica, dagli obiettivi familiari e individuali. I legami con la comunità circostante si fanno più stretti e quindi diminuisce ulteriormente la mobilità aziendale. Gli obiettivi di "coesistenza pacifica" con l'ambiente economico (anche concorrenziale) e sociale si fanno più forti e determinanti. La sopravvivenza "al meglio" (o addirittura "al meno peggio") fa premio sullo sviluppo. Oltre alla massimizzazione dei profitti aziendali sul lungo periodo e alla massimizzazione dell'efficienza del processo globale di conversione delle risorse (v. riquadro pagina seguente), l'azienda persegue quindi diversi altri obiettivi primari. Indubbiamente, questi obiettivi non possono essere lasciati slegati come cavalli sciolti. Devono essere indirizzati univocamente, strutturati organicamente e coordinati sistematicamente.